Premessa: questo articolo risale al 2014 circa e ho voluto riportarlo su questo progetto per capire insieme quanto sia cambiato l’ambiente. Spoiler: se seguite il podcast molto è cambiato come tecnologia e poco è cambiato in divulgazione.
Voglio provocare voi lettori a una profonda riflessione su un tema che pensiamo sia assodato, o qualcosa del genere. Pochi sanno cosa sia una stampa più complessa di quella della piccola multifunzione che hanno in casa e pochi sanno ancor meno gestire un oggetto che non abbia una installazione guidata al 100%. Figuriamoci una stampante 3d.
La carovana di Reprap, il progetto open source di stampanti 3d autoreplicanti, ha dato i suoi frutti, offrendo basi solide e chiare per far costruire le macchine da schede Arduino e Ramps. Questo non vuol dire che i produttori e gli operatori abbiano lavorato con macchinari del genere prima. La carovana corre e tutti salgono.
Di recente sono stato a due manifestazioni a riguardo dei servizi e dei produttori di stampanti 3d. In entrambe ho appurato la situazione e il background di utenti, operatori e produttori. Drammatico ma piano piano in salita.
Ammetto che siamo ai primi momenti in cui il prodotto vuole arrivare al pubblico. Una fase in cui tutte le tecnologie passano e come stress test permette di far evolvere e abbassare costi e gestione. Rispetto 8 anni fa circa ci sta riuscendo.
Com’è questo mondo e questo genere di prodotti?
La stampa 3d è un processo che permette di riprodurre fisicamente modelli 3d solidi (altri generi di modelli 3d sono detti Mesh o superfici aperte) con sistemi additivi di materiale (il sistema sottrattivo è tipico della fresatura a controllo numerico).
Il materiale più noto è la plastica in due declinazioni, ABS (particolare stirene come per le scocche di telecomandi e modellismo dinamico) e PLA (ammide di derivazione biologica da patate e mais e biodegradabile).
In parole povere è una pistola di colla calda che viene mossa come una testina di una stampante con anche la profondità, quindi 3 dimensioni.
Ci sono varie case produttrici ma il sistema Ramps e Arduino è la base concettuale che ha permesso una rapida ascesa, nonché riduzione di costi e sviluppo di tutte. Reprap e Prusa sono parole che ricorrono e fanno parte del progetto open source sia per la meccanica e l’elettronica sia per l’uso del G-code per istruire la stampante.
Le note case a livello globale sono Makerbot e Ultimaker, come dire nei PC le marche Apple e HP. In Italia c’è fermento perché l’acquisto di queste macchine estere alcune volte comporta dogane e attese (sono poco più che startup e non producono in Cina). Famosi marchi italiani sono Kentstrapper, Project Wasp e Sharebot. In Europa si stanno facendo sentire Builder e Witbox. In breve si parla di macchine con prezzi a partire da 1200€ a salire (raramente a meno di 1000€ per volumi utilizzabili per produrre oggetti consistenti).
Le stampanti 3d hanno bisogno di spole di filamenti di plastica e in questo caso non ci sono ancora dei riferimenti precisi locali e globali. Ogni casa di produzione di stampanti cerca di vendere le proprie, come per le cartucce delle inkjet.
Ma le stampe come rendono?
A differenza di stampare una fotografia in cui molto del processo è automatizzato e una risma ha un costo e approvvigionamento irrisorio (si trovano ovunque ormai, dai negozi specializzati ai supermercati), stampare in 3d è una continua sperimentazione sia della tecnica di ottimizzazione che della ricerca del materiale perfetto.
I modelli solitamente scaricati da Thingiverse e Youmagine, siti legati a Makerbot e Ultimaker, sono già stati stampati e non devono essere controllati spesso, quindi una parte di lavoro è già stata fatta per i neofiti.
La resa finale può variare da molto grezzo a molto dettagliato, da pochi minuti a qualche giorno di stampa in base al volume e alla complessità del modello. Diciamo che un buon modellino tipo Warhammer può essere stampato in poco tempo (da 5 a 30 minuti in base al dettaglio) e un plastico 200x150x130mm molto pieno e dettagliato può invece sembrare metterci un’eternità (2 o 3 giorni). L’alternativa è fare lo stesso oggetto a mano con tempi forse maggiori e l’impossibilità di fare altro nello stesso arco temporale.
In conclusione la stampa 3d c’è ma il pubblico sia di operatori che utenti è titubante sia all’acquisto sia all’uso.
Personalmente come neo genitore vedo tutte le applicazioni per saltare la filiera dei giocattoli, come Nerd vedo tutti gli accessori per i miei gadget e come utente quotidiano un ottimo strumento per produrre a costo ridotto tutti i ricambi per oggetti e soluzioni per la vita quotidiana. Solo una piccola parte di cosa si può fare.
UPDATE: Sono cambiate le tecnologie, l’accessibilità di acquisto e perfino Amazon è un posto dove trovare stampanti 3D. C’è un treno di entusiasmo ma non fa coincidenza con la divulgazione aperta, quella benevola e accessibile, in termini di comunicazione, ai più. L’utenza ha “fiutato” le possibilità ma c’è molto ancora da fare. Intanto seguire questo progetto, sia in forma di blog che di podcast, è un punto diverso di proseguimento.
[Articolo originale su Tecnoscimmiati.it]
[ Update: versione 2018 sul blog di 4doItaly]